DUCA e la sua relazione privilegiata con la luce in mostra a Spoleto. Intervista
A Palazzo Bufalini, dal 1 al 15 luglio, in concomitanza con il Festival dei Due Mondi, una mostra a cura di Gianluca Marziani, organizzata da AssociazioneMetaMorfosi e Fondazione Guglielmo Giordano SPOLETO - E’ un percorso che inizia da lontano quello di DUCA (Alvaro Breccolotti), già dai banchi di scuola quando, come lui stesso racconta ad ArteMagazine, “alle elementari la maestra non mi faceva fare i compiti, mi invitava invece a disegnare e poi il giorno dopo esponeva i miei lavori in classe”. Insomma una passione sbocciata davvero presto e col tempo supportata da una continua e insaziabile ricerca. “In realtà fui indirizzato dai miei genitori verso altri studi”, ma questo non ha impedito a DUCA che l’arte continuasse ad essere al centro della sua esistenza, un’arte vissuta pienamente, da studioso e da artista. DUCA nasce come paesaggista per poi passare al singolo soggetto, tuttavia la natura rimane sempre il suo referente estetico. “Nello strano gioco della vita - racconta l’artista - ho incontrato Pietro Annigoni e poi Robert Maione e Charles Cecil, maestri importanti per me, soprattutto con Maione e Cecil ho lavorato per circa 12/13 anni sul paesaggio dal vero. E’ stata una ricerca ‘en plein air’ poi, cambiando studio e dipingendo in spazi più ristretti è stato anche consequenziale passare alle nature morte, ‘still life’, in realtà mi suona meglio”. E gli “still life” sono anche al centro della personale, curata da Gianluca Marziani che, domenica 1 luglio, inaugura a Spoleto presso MetaMorfosi Art Gallery – Palazzo Bufalini. La mostra dal titolo Luce ritrovata, rientra nei programmi ufficiali del Festival dei Due Mondi, ed è organizzata da Associazione MetaMorfosi e Fondazione Guglielmo Giordano, con il patrocinio di Palazzo Collicola Arti Visive. “L’attuale mostra di Spoleto è molto importante per me, siamo nel cuore dell’Umbria e nell’ambito del Festival, inoltre è realizzata con compagni e amici di viaggio con i quali mi sento davvero onorato di avere un legame, in primis Andrea Margaritelli (presidente Fondazione Guglielmo Giordano ndr) con il quale è previsto anche un futuro progetto a Barcellona”. DUCA spiega che Luce ritrovata è un titolo da lui scelto. Un titolo evocativo che evidenzia una relazione privilegiata della sua pittura con la luce solare, ma che sottende anche una profonda ricerca interiore,un percorso non esente dalla sofferenza e dalla disperazione, un cammino questo ineludibile per poter tornare a vedere, appunto, la luce. D’altra parte la pittura di DUCA, come lui stesso ribadisce, ha lo scopo, attraverso una tecnica acquisita in tanti anni di duro lavoro, di riproporre dei valori in una società che non ne ha più. E non è allora un caso che al trionfo realistico, dominante nei suoi dipinti, si accompagnino titoli allegorici e metaforici, con l’intento di trasmettere un significato altro, suggerire una riflessione che va oltre il dato meramente realistico. “La corrente dei fotorealisti e degli iperrealisti - rammenta DUCA - si caratterizza per la precisione dei particolari. Nel mio caso io ho l’ardire anche di trasmettere un’emozione, di interessare, sedurre e, perché no, anche turbare. Inoltre voglio convincere della qualità del mio lavoro. E’ un gioco a tre, tra me il fruitore e l’opera. Attraverso i titoli indico una traccia per far comprendere ciò che realmente voglio trasmettere, che sicuramente non è appunto l’idea di un oggetto in sé, che può essere un frutto o un vegetale, ma un messaggio ben preciso”. “Non a caso - sottolinea ancora DUCA - una delle immagini trainanti in mostra è il dipinto 'Finalmente liberi' che rappresenta dei peperoncini che stanno uscendo dalla busta. Un dipinto che fa parte di una trilogia ispirata al mito della caverna di Platone. Nel primo quadro i peperoncini sono ancora all’interno di una busta, nel dipinto in mostra ne sono usciti, come gli uomini uscirono dalla caverna perché attratti dalla luce. Nel terzo, che non ho ancora realizzato, probabilmente evocherò un ritorno all’interno della caverna, dove gli uomini sono rientrati per paura della luce”. In realtà dunque dovemmo ben riflettere sulla definizione di “natura morta”, parlando delle opere di DUCA, si tratta forse più di paesaggi interiori, con numerosi rimandi autobiografici, che ci conducono fuori dal tema della morte. E allora ben si addice la definizione di “still life”. Le visioni vegetali di DUCA ritrovano infatti la LUCE e nella loro fermezza ieratica vincono contro la simbologia della morte, parlando invece di vita ed esprimendo energia solare attraverso colori, trasparenze, riflessi, ombre, venature. Una pittura quella di DUCA realizzata con un modus operandi lento, di quella lentezza “zen” che sfida la frenesia contemporanea e la velocità del tempo digitale, riproponendo valori di nobiltà. Come nobile è il nome d’arte adottato da Alavaro Breccolotti. “Ho scelto questo nome perché è facile, ma anche perché è una sfida a promuovere quei valori di nobiltà che devono essere portati nella vita di tutti i giorni, anche fuori dal quadro”. Come definirebbe allora DUCA in sintesi la sua pittura? “Semplicemente 'lo specchio di DUCA'" conclude l’artista. ...